Psicologo scolastico

12/01/20 | Pubblicazioni della Fondazione

Una review sul ruolo professionale, sul confronto con gli altri paesi UE e sulla situazione in Italia.

Come è possibile migliorare l’ambiente scolastico, nel clima e nel suo stesso sistema?
A questa domanda nel resto d’Europa (e del mondo) le istituzioni hanno risposto, creando una nuova figura di riferimento: lo Psicologo Scolastico.

L’istituzione scolastica italiana finora si è rivolta allo Psicologo solo per interventi connessi alle difficoltà dello sviluppo ed in particolar modo in chiave diagnostica, oppure per la lotta alla dispersione scolastica e alla marginalità sociale. Tutto ciò, molto spesso, è stato realizzato per periodi di tempo limitati o in genere come il risultato d’interventi sociosanitari ad opera dell’Asl (è il caso dei centri d’informazione e consulenza “CIC”, regolati dalla legge n. 162 del 1990), o ultimamente tramite bandi interni degli stessi istituti, che ricercano il counseling psicologico tra i propri dipendenti (che ne hanno i titoli) o tramite professionisti esterni.

Negli ultimi anni, anche i comuni cercano di sostenere le scuole, creando liste e progetti dedicati alla “psicologia a scuola”, un esempio sono i PEZ (Progetti Educativi Zonali, in Toscana ndr). Il limite di queste azioni, risiede sia nel tempo richiesto – spesso si tratta solo di 30/40 ore ad a. s. – sia nelle gare a “ribasso”, alcune scuole affidano punti extra ai professionisti che si fanno pagare meno (sono state segnalate anche proposte per uno sportello d’ascolto a 18 €/h).

Le ricerche sull’argomento, attualmente, dimostrano che le difficoltà inerenti l’attività dello Psicologo a scuola siano connesse all’assenza di un modello teorico e normativo che la regolamenti, per cui tale professionalità è considerata esclusivamente nella sua attività di consulente, abbracciando, in questo modo, solo una parte del complesso ed articolato lavoro che potrebbe invece svolgere nell’istituzione scolastica.

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